"Mia moglie dice che non l’ho mai corteggiata come faccio con i mie obbiettivi di mercato". Ma anche per un allenatore come Roberto De Zerbi, che vive il calcio con ossessione sacchiana, totale, viscerale, questa è un’altra vita: "Sono rimasto con la squadra a Sassuolo, sede lavorativa, come da indicazione del club e del governo. Moglie e figli sono a Brescia. La giornata è una lunga videochiamata - dice alla Gazzetta dello Sport - E la preoccupazione per i miei genitori, anche a loro a Brescia. Ho amici che hanno avuto dei lutti. Brescia è città orgogliosa, forte, che non ostenta il dolore. Non sono mai stato tanto bresciano come oggi". Ecco l'intervista completa.

Playoff? Europeo? Come ripartire?
"L’importante è che, per una volta, si prendano decisioni senza che ognuno pensi al proprio orticello".

Com’è nato il passaggio dai 3 ai 2 centrocampisti?
"L’idea guida era: i giocatori al posto giusto, cercando di tenere dentro la maggiore qualità possibile. Caputo ha sempre avuto un attaccante vicino, non è una boa. Berardi e Boga si esprimono bene in ampiezza. In estate è arrivato Defrel che poteva giocare sotto Caputo. Non era fantascienza immaginare insieme Berardi, Defrel, Boga, Caputo. Solo Magnanelli è play vero, vertice basso. Obiang ama coprire tanto spazio e fa filtro. Locatelli da mediano costruisce, si butta dentro, ha più libertà che da play. Con la nuova disposizione sono riuscito a legare bene le caratteristiche di ciascuno".

Quando ha capito che la strada era giusta?
"A Lecce. E mi spiace che non se siano accorti gli altri. Quella è stata la svolta. Abbiamo giocato benissimo, anche se non abbiamo vinto. Per la prima volta, uno stile forte".

Come ricorda Squinzi?
"Mi ha sempre colpito l’ambizione. Mi diceva: “Mister, noi dobbiamo andare in Champions”. Questo perché era molto ambizioso, ma non da presuntuoso, da visionario".

Un’altra Atalanta?
"Dipende dai programmi. Da quando sono morti i coniugi Squinzi, finora non ho mai parlato di progetti con nessuno".

Tenere Berardi e Boga, come Ilicic e Gomez?
"Non so. Io so solo che questo Sassuolo è forte e non sa neanche lui quanto... Lo dicono la partite, i margini di crescita. È una squadra giovane, di prospettiva, seria".

Dov’è cresciuto di più il Sassuolo?
"Nella continuità. Qualche giocatore è cresciuto mentalmente. Locatelli, Berardi e Romagna, per esempio. E la continuità ha portato più certezze tattiche".

Locatelli, appunto.
"Ha deciso lui di diventare grande, noi lo abbiamo solo accompagnato. Mi sono anche scontrato quando dovevo. Il gruppo storico l’ha indirizzato. Ora è completo. Guida la squadra con la parola e con l’esempio".

Boga, esploso.
"Nell’uno contro uno ha pochi rivali al mondo. Anzi, nell’uno contro tre... Non conosceva l’esistenza della porta, faceva fatica a connettersi con i compagni, a farsi servire sulla corsa e a giocare senza palla. Lo abbiamo martellato. È gratificante vedere come è migliorato. Ha già segnato 8 gol, arriverà a farne stabilmente 15 a campionato".

Berardi si completerà mai?
"Quando c’era, ha sempre fatto benissimo: gol, assist, prestazioni. Ne vorrei tanti di Berardi. In allenamento è un esempio. Solo Timo Werner alla sua età, 25 anni, ha segnato di più. È sottovalutato, come tante cose del Sassuolo".

L’impressione però è che lui si accontenti di ciò che ha e di ciò che è. È così?
"Domenico è un ambizioso che vive di calcio, intelligente e sensibile. Ha rifiutato delle occasioni per non cambiar vita, magari lo farà quest’estate o più avanti. Quando sarà in un club superiore, avrà la giusta valutazione. Berardi, Boga e Locatelli me li vedo in grandi squadre. Io me li porterei dietro".

Caputo, può essere lo Schillaci di Mancini?
"Per me sì. Pochi in Italia sono così forti in area e a porsi in maniera corretta verso la porta. È un professore ad attaccare lo spazio e a smarcarsi. Ciccio è arrivato in A tardi, si sta gustando tutto con la maturità di uomo esperto: è la sua forza".

Più facile che partano Loca, Boga e Berardi o De Zerbi?
"Non lo so. A me del contratto è sempre interessato poco. Però se non hai un contratto quando si devono fare programmi, è chiaro che possono aprirsi altri scenari. Ma io lavoro come se avessi 10 anni di contratto".

Pronto per un salto in alto?
"In due anni abbiamo fatto crescere i giocatori, oggi la squadra è forte e ha margini per diventare più forte. Poi bisogna vedere i programmi del club. Dovesse arrivare la proposta di una grande, la considererei e verificherei se ci sono le condizioni per lavorare bene. Sono ambizioso, non arrivista. Pronto? Lo ero già due anni fa. Ma è anche vero che mi diverto molto ad allenare questi giocatori".

Il fallimento di Giampaolo suggerisce prudenza?
"Ogni squadra è un mondo a sè. L’esonero di Giampaolo non cambia nulla: resta bravissimo".

Poco aiutato sul mercato, forse.
"L’allenatore deve avere voce in capitolo sui giocatori, il suo lavoro arriva fino a lì. Perché possono essere giuste le idee, ma sono i giocatori che le interpretano e trasformano il pensiero in fatti. Perciò servono dirigenti competenti che ti seguano".

Dicono: De Zerbi se la tira con la costruzione dal basso, neanche fosse al Barça...
"Chi pensa che sia una moda, non ha conoscenze e rispetto. Io lo faccio perché la palla arrivi rasoterra, tra i piedi dei giocatori di talento quando sono orientati nel modo migliore. Se uno è un fenomeno, ma riceve la palla tra i denti, farà fatica a rendersi pericoloso. Per portargli la palla nel modo giusto i compagni devono superare la soglia del coraggio e salire palleggiando. Ma se non siamo in superiorità numerica dietro, non costruiamo. Nessuna moda. Facciamo la cosa più utile".

Il Cholo ha eliminato Klopp: retromarcia?
"L’Atletico ha un senso, non è solo difesa e contropiede. E poi non funziona che chi vince detta le regole. Uno deve avere convinzioni sue, più forti dei risultati. Se con il Foggia devo affrontare l’ultima in classifica e con il Benevento la Juve, preparo la gara allo stesso modo: per vincere. Poi con il Foggia cercherò di farlo nella metà campo avversaria, con il Benevento soprattutto nella mia. Ma non tolgo nulla al gioco. Modifico spesso, cambiare: mai".

Dove sta andando il cacio?
"Balzano all’occhio tre cose: la cilindrata dei giocatori, la tecnica in velocità e il coraggio. In questo senso l’Atalanta è la squadra più europea. Nessuna esprime meglio i tre parametri. È la più riconoscibile, ha un suo stile che non è vezzo, ma un’identità che ti dà forza. Il Sassuolo ce l’ha. Sullo stile io batto molto. Lo devi mostrare soprattutto contro le grandi. Noi l’abbiamo fatto a Torino con la Juve, a Milano con l’Inter. Abbiamo perso 4-2 a Roma, ma giocando una partita strepitosa. Forse la migliore, per identità. A Lecce abbiamo fatto 2-2, ma il nostro stile era riconoscibile a chilometri di distanza".

De Zerbi, come saremo dopo il Coronavirus?
"Uniti e attenti agli altri come sembriamo ora, mi auguro. E grati a chi ha combattuto per darci la libertà che oggi sembra persa. Io sono passionale, non vedo l’ora di tornare ad abbracciare e a stringere le persone che amo".

Cosa non vede l’ora di ritrovare nel calcio?
"Lo stress della partita, la tensione, il mal di pancia. Mi fa stare alla grande. Mi stresso quando non ce l’ho".

Sezione: News / Data: Mar 17 marzo 2020 alle 13:10
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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