Intervista a La Repubblica per mister Fabio Grosso. L'allenatore del Sassuolo ha parlato della sua carriera, del rigore di Berlino, ma anche degli inizi: "Era la strada di un ragazzo follemente appassionato di calcio, rimasto per quattro anni nel campionato Eccellenza, e a 22 anni ero in C2: al massimo, potevo sognare una presenza in A. Ma oltre i sogni c’è l’utopia. Mi dicevano: vieni, ti portiamo a giocare di qua o di là, io invece chiedevo solo di lasciarmi dov’ero. Se riesco, rispondevo, ci arriverò poi. Volevo fare il mio percorso senza scavalcare".

Nessuna domanda sul rigore, contento?
"Moltissimo, anche perché non saprei più cosa dire. Io non sono quel rigore, ma la strada che mi portò a calciarlo e quella che ho percorso dopo, per allontanarmi dal dischetto. La seconda non è ancora finita".

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Qualche suo compagno del 2006, su quell’impresa ha costruito una carriera da allenatore senza gavetta o da commentatore. Lei, muto. Perché?
"Non ho voluto regali, mai vissuto di rendita. Non amo parlare delle cose ma farle. Ho smesso di giocare staccando tutto, ho spento di colpo. Qualcuno scriveva: Grosso vuole ritirarsi, e io l’avevo già fatto da sei mesi. Talmente in punta di piedi che non se ne accorsero. E non ho scritto libri, non ho fatto il talent televisivo. Sono rimasto sul campo con i ragazzi".

Gli italiani credevano che lei fosse diventato Cabrini, Facchetti o Maldini di colpo. E lei cosa pensava?
"Io no. Mi chiedevo cosa ci facesse un dilettante arrivato a poco a poco tra i professionisti, partito da un livello tanto basso, in mezzo ai campioni veri. Non ero convinto delle mie qualità per stare lì, però sapevo come starci".

Il termine tecnico è: sindrome dell’impostore.
"Ecco, questo è il punto. Io non lo sono mai stato, so di avere messo molto cervello e impegno nel mio modo di essere calciatore, però mi sono sempre chiesto: saprò farlo? Il problema è stata l’aspettativa generale: non ero Cabrini o Paolo Rossi, non ero Schillaci ma tutti si aspettavano che lo fossi. Per questo, non amo parlare del mio rigore a Berlino: è un pezzo del percorso, un episodio, ma quanta vita ho vissuto prima e dopo quel tiro. Se ne saranno accorti in pochi, pazienza".

Resterà a Sassuolo anche in A?
"Prima arriviamoci, però sì. Io e il Sassuolo ci assomigliamo, mi piace lavorare in mezzo a gente seria".

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Sezione: News / Data: Mer 26 marzo 2025 alle 12:57
Autore: Sarah G. Comotto
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