Il 18 maggio 2013 è per sempre. Eusebio Di Francesco è per sempre. SassuoloNews.net ha voluto fare un regalo, si spera gradito, ai tifosi neroverdi intervistando in esclusiva proprio mister EDF, l'artefice principale della grande cavalcata del Sassuolo dalla Serie B alla Serie A, fino all'Europa. Cinque anni indimenticabili con il sigillo della qualificazione all'Europa League (sin qui l'unico a riuscirci). Il tecnico abruzzese si è raccontato in un'intervista a tinte neroverdi: dalla settimana che ha preceduto quel Sassuolo-Livorno passando per l'esultanza 'smodata' e iconica dopo il gol di Simone Missiroli, fino all'annata dell'Europa League. Ecco le parole di Eusebio Di Francesco, intervistato dal direttore Antonio Parrotto.
SCELTI DA SASSUOLONEWS:
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Sono passati 10 anni da quel 18 maggio che ha riscritto la storia. Il sito del Sassuolo lo celebra come “il più grande trionfo della storia del club”. Ricorda ancora i giorni antecedenti alla gara?
"Ricordo che ci siamo trovati in palestra, nella partita precedente avevamo giocato a Lanciano, e non eravamo riusciti a chiudere il discorso. Sembrava avessimo il braccino, avevamo sì fatto delle ottime gare ma non eravamo riusciti a portare a casa i 3 punti. In quella settimana avevamo condiviso le nostre paure di non potercela fare e penso sia stato vincente il fatto di esserci aiutati in un momento particolare, visto che avevamo una partita decisiva, con il Livorno che lottava per andare su direttamente e noi che eravamo primi in classifica e dovevamo mantenere il primato. È stata una settimana con tanti pensieri, sicuramente con tante ansie e paure che abbiamo condiviso ma ci ha dato anche la forza per affrontarla al meglio".
Si arriva a Sassuolo-Livorno dopo un campionato stradominato ma a un certo punto la squadra ha avuto il braccino. Due punti con Modena, Padova e Lanciano e tre match point falliti. Come ha gestito quei momenti? Ha mai pensato dentro di sé, anche per un solo attimo: ‘non ce la faremo’?
"No, non l'ho mai pensato. Con il Modena vincevamo fino all'88' e poi abbiamo subito due gol, nonostante meritassimo la vittoria. Con il Padova eravamo stati penso 85 minuti nella loro metà campo ma non eravamo stati bravi a concretizzare la grande mole di gioco, ugualmente a Lanciano dove eravamo andati in vantaggio contro una squadra che doveva salvarsi. Non siamo riusciti a chiudere il discorso ma vedevo una squadra viva, vedevo la consapevolezza negli occhi dei ragazzi, sapevamo di avere fatto una grande stagione e sentivamo che era giusto che portassimo a casa questa promozione meritatissima, essendo stati primi in classifica dall'inizio alla fine".
Al contrario, quando invece ha pensato che sarebbe potuto essere l’anno buono?
"Quando ho firmato il contratto, il direttore Bonato voleva mettermi un premio ai playoff. Io gli dissi: 'no no, non voglio nessun premio ai playoff, lo voglio solo alla vittoria'. Questo per dire che ero convinto di avere in mano una squadra che potesse giocare con il mio sistema di gioco preferito, il 4-3-3, ma allo stesso tempo di avere all'interno della squadra dei valori importanti, non solo tecnici ma umani, e me ne sono reso conto sin dal ritiro. In più c'era la chicca, la perla, che mi sono trovato in ritiro, che era Domenico Berardi. Mi avevano detto che poteva andare in prestito alla Juve, dovevo decidere se tenerlo o meno, ma dopo una settimana di ritiro dissi al direttore che questo ragazzo sarebbe rimasto con noi. Il resto poi lo sapete".
Quell’anno ha segnato anche il debutto nei professionisti di Domenico Berardi. Cosa l’aveva colpita maggiormente di Mimmo tanto da farlo diventare subito un titolare? Lei ha provato a portarlo alla Roma, ora gli consiglierebbe di chiudere la carriera a Sassuolo o di tentare una nuova avventura per mettersi in gioco altrove?
"La facilità di giocare a calcio, la facilità di ripetere o di rifare tutto ciò che gli veniva chiesto successivamente. Solitamente quando devi dare degli esempi chiami quelli più grandi, invece era più facile farlo fare a lui che ai grandi. Aveva delle doti che dovevano essere messe in campo in un certo modo e andavano 'coordinate' con il lavoro di squadra. La scelta di Domenico? Io non gli posso consigliare nulla, gli consigliai di venire da me ma in quel periodo lì rimase offeso dal fatto che la Roma, come società, non lo aveva considerato una prima scelta e ha avuto gli 'attributi' per questo motivo, nonostante il messaggio che mi scrisse molto carino, nonostante la grande stima che avevamo entrambi, decise di rimanere a Sassuolo. Non gli voglio dare consigli, che scelga semplicemente con il cuore, con le sue sensazioni. Lo vedo molto più maturo in campo, è diventato anche papà, saprà benissimo cosa scegliere e sono convinto che quello che farà sarà la scelta giusta".
Sassuolo-Livorno è stata una partita epica, romanzesca. Forse il finale era già scritto. Il Sassuolo ha vinto le gare promozione tutte per 1-0 e segnando il gol nella porta posizionata alla destra della tribuna. Anche il gol di Missiroli è arrivato in quella porta…Lei crede nel destino?
"A questo non ci ho mai pensato. Non sono scaramantico, credo nelle persone positive più che alla scaramanzia, e quella squadra aveva tanta positività, andava alimentata e ogni giorno innaffiata con attestati di stima. Quel gruppo aveva grandi valori, è indimenticabile".
Io ho ancora negli occhi la sua esultanza al gol di Missiroli, da brividi…
"Un po' un'esultanza liberatoria. Io non sono uno che esulta o esultava tantissimo sui gol ma siccome era alla fine, era il gol promozione, eravamo in 9 contro 10, una sofferenza unica, nonostante avessimo avuto poco prima un'altra grande occasione con Chibsah, è stata liberatoria. Poi mi sono ritrovato quel ragazzino davanti, che è stata la cosa più carina, e me lo sono abbracciato. La rivedo anch'io con grande piacere quando ricapita e anche a me vengono i brividi".
Il gol al Livorno porta la firma di Missiroli ma il passaggio è stato fatto da capitan Magnanelli. Le faccio una domanda brutta: per il suo gioco era più importante Magnanelli o Missiroli?
"Tutti e due. Devo dire una cosa: Missiroli a un certo punto dicevano che fosse un mio figlio, per far capire in maniera simpatica come era visto. Avendogli ricamato quel ruolo di mezz'ala, poi per necessità magari lo alzavo. Simone aveva una grande qualità: sapeva interpretare tutti i ruoli. A volte ha sostituito anche Magnanelli come play, anche in Serie A, per farti capire che era un giocatore straordinario. A livello qualitativo penso che Missiroli avesse qualcosa in più di Magna, come personalità, come leadership e importanza all'interno di un gruppo, Magnanelli è insostituibile. Per tanti addetti ai lavori non poteva giocare in Serie C, non poteva giocare in Serie B, non poteva giocare in Serie A e cosa ti dimostra questo? L'abnegazione ma anche le qualità tecniche perché aveva questa capacità di gestire la palla nei momenti di difficoltà a tutti i livelli che lo rendevano un ragazzo e un giocatore straordinario, un capitano unico".
Non smetteremmo mai di rivederlo
— U.S. Sassuolo (@SassuoloUS) May 18, 2021
E voi chi avete abbracciato al gol di Missiroli?! 🫂#AccaddeOggi #BestMemories #ForzaSasol pic.twitter.com/PbhbxrK9Oy
18 maggio era anche il compleanno di Giorgio Squinzi. Qual è il primo ricordo che ha del patron e poi con quali parole lo convinse a lasciarla andare alla Roma? Lui ci rimase un po' male...
"Lui ci rimase molto male, poi abbiamo rimediato. Con il Dottore ci siamo conosciuti col tempo. Credo che mi abbia cominciato veramente dopo il primo anno di Serie A, quando ci siamo salvati, e da lì è nato un rapporto più solido, vero, quasi da padre a figlio. Aveva grande fiducia in me e non per niente, lo posso dire, io e il direttore Carnevali abbiamo lavorato tantissimo per il centro sportivo e me lo sento tanto mia. Ogni volta che lo incontravo dicevo: 'Dottore, la cosa più importante oggi non è acquistare un giocatore ma è creare un centro sportivo, abbiamo bisogno di strutture, di far crescere la società'. Andavo quasi contro i miei interessi ma mi rendevo conto che era un modo per far crescere una società che aveva valori che lui rappresentava, lavori umani, etici e lavorativi veramente unici. Lui mi è venuto dietro in tutto e per tutto. Lo ringrazierò sempre, ho un ricordo unico. Quando sono voluto andare via, vi assicuro che il Sassuolo mi offrì tanti anni di contratto, ma in quel momento avevo bisogno di una nuova sfida, lui ci rimase un po' male e non mi volle parlare per un periodo, io poi lo andai a trovare a Milano, ci siamo ritrovati in un ristorante con la Dottoressa Spazzoli e abbiamo 'fatto pace'".
L’anno dopo, il primo in A. Col senno del poi, quelle difficoltà si potevano evitare? C’è stato qualcosa di sbagliato nella gestione o è semplicemente lo scotto da pagare da neopromossa?
"No, secondo me non si potevano evitare, è lo scotto che ha una società, un gruppo di lavoro, che affronta per la prima volta un campionato di massima serie dove non avevi le strutture adatte né eri strutturato sia a livello societario che di conoscenza della categoria e dovevi incappare in delle difficoltà. Fortunatamente siamo riusciti, bravi tutti, ad andarla a riprendere e a portarla in porto, anche attraverso decisioni forti e a salvarci ma sempre perché all'interno del gruppo non c'erano solo valori tecnici ma anche umani, soprattutto questi ultimi, ci hanno permesso di venire fuori da quel momento difficile, grazie ai valori umani del gruppo storico".
Poi ci fu l’esonero. Cinque giornate con un altro allenatore (Malesani) e poi il suo ritorno. Paradossalmente si può dire che la rincorsa all’Europa sia partita proprio da quel brutto momento?
"Sì, come ho detto prima, delle difficoltà fanno parte anche quello che è accaduto, quelle scelte che mi hanno dato anche il tempo di ragionare un pochino con più freddezza su dove andare a lavorare per migliorare. Da lì si sono create le basi per quello che è venuto successivamente, dal campionato successivo fino all'Europa".
In Europa il Sassuolo dopo i turni preliminari è stato eliminato al girone. Forse c’è tanto rammarico perché con un pizzico di fortuna e di esperienza in più si poteva andare avanti. Specie dopo quel 3-0 all’Athletic Bilbao, altra partita che resterà nella storia del club.
"Tutto nasce dalla partita vinta con il Pescara, eravamo primi in classifica, dovevamo andare a giocare in casa della Juve da primi. Per l'errore della Pec che ci fu, purtroppo un errore umano che succede, ci furono tolti questi 3 punti che a livello psicologico secondo me ci hanno tolto qualcosa. E poi gli infortuni che purtroppo ci sono stati durante l'anno. Questo ti fa capire che per andare in Europa bisogna creare una rosa un pochino più ampia e competitiva, per fare più turnover, per dare più possibilità ai giocatori tipo Magnanelli, che poi si è rotto il crociato, di recuperare tra una partita e l'altra. Non fu un periodo molto fortunato sì, ma anche noi ci eravamo preparati poco, avevamo dato via Vrsaljko e Sansone, dovevamo essere un pochino più bravi a fare mercato in quel periodo".
È stato più difficile conquistare la promozione dalla B alla A, la salvezza in A o la qualificazione in Europa?
"La più bella è sempre la promozione perché salire di categoria non è mai facile. Senza quella vittoria ad oggi il Sassuolo non avrebbe fatto quei 10 anni consecutivi in Serie A. Nonostante la qualificazione in Europa sia stata unica e sia stata tuttora l'unica per il Sassuolo, la vittoria del campionato di B credo sia stata alla base e penso che per me sia stata la vittoria più bella".
Il ricordo più bello e il rimpianto maggiore dei suoi anni a Sassuolo.
"No, rimpianti no, non mi piace averne. Peccato solo che nell'anno dell'Europa ce la saremmo potuta giocare meglio, potevamo essere competitivi nel girone. Non eravamo abituati a gestirle troppe partite, ma tutti. Ad esempio, l'Inter ha giocatori abituati a giocare domenica, mercoledì, domenica, mercoledì, ed è importante nel preparare le partite, sotto tutti i punti di vista. Noi invece non avevamo giocatori abituati le Coppe e questo un po' lo paghi, ma credo anche che quell'esperienza abbia permesso a tanti ragazzi di maturare e che hanno avuto poi la fortuna di giocare in tante grandi squadre".
Lei è nella storia del club, è amatissimo dai tifosi. Al Ricci durante il Magnanelli day è stato tra i più acclamati, ogni volta che viene accostato un allenatore al Sassuolo c'è sempre qualcuno che commenta invocando il suo ritorno in neroverde. Ci sono mai stati dei contatti per un ritorno a Sassuolo?
"No, non ci sono mai stati contatti per tornare. Devo dire che l'addio al calcio di Magnanelli è stato emozionante. Dico la verità, sono venuto prima di tutto perché lo meritava, lui ci teneva e io non potevo mancare per quello che lui mi ha dato sotto tutti i punti di vista e poi per il piacere di tornare a Sassuolo, dove era da tanto che non tornavo. Mi sono veramente emozionato, sono grato a tutti i tifosi che mi hanno acclamato in più occasioni, mi hanno dedicato diversi cori, cose che hanno rialzato un po' la mia autostima, rispetto alle mie vicissitudini dell'ultimo periodo. Li devo ringraziare per quel giorno ma li ringrazio per l'affetto che mi hanno mostrato in tutti gli anni che sono stato lì. Io ho vissuto a Sassuolo, proprio in centro, e tutte le mattine facevo una chiacchierata, sia con i tifosi più giovani che vecchi".
Si ringrazia Eusebio Di Francesco per la cortesia e la disponibilità dimostrata in occasione di questa intervista. Auguriamo al mister un grosso in bocca al lupo per il suo futuro!
Autore: Antonio Parrotto / Twitter: @AntonioParr8
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