È già passato un giorno dall'ultimo gol segnato da Domenico Berardi e dalla sua ultima esultanza. Troppi, decisamente troppi. Figurarsi cosa sono 322 giorni senza quell'urlo in gola, senza quel 10 sulla schiena che si prende la scena, gli applausi, gli abbracci dei compagni e l'amore dei tifosi. Ne è passata davvero tanta di acqua sotto i ponti - anche se mi rendo conto che questa non sia proprio la metafora più appropriata visto quello che è successo in Emilia Romagna e a Valencia ma almeno ne approfitto per mandare un abbraccio virtuale alla comunità valenciana e al popolo dell'Emilia Romagna colpito dall'alluvione nelle scorse settimane - e in quell'esultanza rabbiosa di Domenico c'era quella voglia di tornare a gioire per un gol, che resta sempre l'essenza più genuina e più bella del calcio. Ed è anche bello vedere un calciatore, uno come Berardi, mostrare le sue fragilità davanti a tutti perché quell'urlo, quelle mani sul volto e poi sulla maglia, sono un grido di dolore ma anche un urlo liberatorio per l'infortunio al tendine d'Achille di 8 mesi fa. Sì Mimmo, è tutto finito!

Non si poteva non partire da quel gol, da quella esultanza, nel commentare la vittoria del Sassuolo sul Mantova. Una gara difficile e complicata vinta per 1-0 grazie al rigore procurato e trasformato dallo stesso Berardi. Un rigorino, se proprio vogliamo dirla tutta, ma il tocco c'è e tanto basta. Una gara tosta, nonostante le 20 conclusioni totali dei neroverdi ma con il predominio territoriale dalla parte degli ospiti (circa il 60% di possesso palla) con il gioco di Possanzini di De Zerbiana memoria a farla da padrona.

Il Sassuolo non ha fatto la sua miglior partita nonostante lo scarto potesse forse essere maggiore ma ha fatto la partita giusta, rispettando l'avversario e adattandosi alle caratteristiche degli uomini di Possanzini, con le marcature a tutto campo che hanno poi portato a creare, grazie ai tanti duelli vinti, delle potenziali occasioni da gol non sfruttate ma anche delle occasioni concrete non sfruttate. Un Sassuolo attento in difesa che ha rischiato di capitolare solo una volta ma su un suo errore, quello di Giacomo Satalino, evidentemente arrugginito, almeno con i piedi, dopo l'ultimo periodo in panchina ma che ci ha messo la manona sul tiro di Fiore che era destinato all'angolino. 

Soprattutto nel primo tempo è stata una partita tattica e qui devo fare i complimenti a mister Grosso. Il mister - lo dico giusto per farmi qualche amicizia in più - è molto legato alla retorica del calcio nelle conferenze e per un giornalista diventa davvero difficoltoso cavarne fuori un titolo ogni volta ma sin qui non ha sbagliato una mossa dal punto di vista tattico, ed è questa la cosa più importante, sapendo presentare sempre mosse e contromosse all'altezza e adeguate a ogni tipo di avversario. E anche ieri è stato molto abile nel trovare le contromisure giuste per affrontare la squadra di Possanzini che se avesse un pizzico di autostima in più e anche un po' di qualità, forse farebbe un altro campionato perché le idee dell'ex vice di De Zerbi mi piacciono tanto.

La cosa che contava però, come sempre, era tornare a vincere non solo per ritrovare i 3 punti dopo il pari con la Juve Stabia e per allungare a 8 la striscia di imbattibilità ma anche per rispondere alle vittorie del Pisa e dello Spezia in un campionato che continua a sorprendere e a regalare risultati sorprendenti (vedi Palermo-Cittadella) e che dimostra che nulla è scontato, con le prime tre che stanno tentando la fuga e con la quarta in classifica, il Cesena, che è alla stessa distanza di punti fra la promozione e la retrocessione. Questo la dice lunga sull'imprevedibilità del torneo e suggerisce anche che non bisogna 'frignare' se ogni partita non finisce 6-1 e si vince 'solo' con un risicato 1-0 contro una neopromossa.

Sezione: Editoriali / Data: Lun 04 novembre 2024 alle 15:36
Autore: Antonio Parrotto
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